Museo della Vetrata Liberty - Casina delle Civette

Museo della Vetrata Liberty - Casina delle Civette(Via Nomentana, 70)

Come l'intero complesso di Villa Torlonia, la Casina è oggi di proprietà del Comune che, dopo il restauro 1997, ha trasformato in “Museo della Vetrata Liberty” per la sostanziosa presenza (quasi totale) di vetrate piombate realizzate tra il 1908 e 1930 e arricchito di materiale cartaceo, successivamente acquistato, che completa la conoscenza degli autori e delle fasi di progettazione delle stesse.
Di grande impatto visivo, le vetrate presenti provengono dal laboratorio di Cesare Picchiarini, interprete ed esecutore dei cartoni prodotti dai collaboratori, promotori del Liberty romano.
È un concentrato di arte decorativa e architettonica unico nel suo genere, dove convivono perfettamente, oltre alle vetrate anche mosaici, stucchi, dipinti murali, maioliche, marmi, loggette, nicchie e balconcini. È uno dei primi casi a Roma di costruzione Liberty anche se di origine ottocentesca, antecedente il delizioso quartiere Coppedè.

L’edificio è il risultato di numerose trasformazioni dell’ottocentesca Capanna Svizzera, in abitazione privata, dimora del principe Giovanni Torlonia Jr fino al 1938, anno della sua morte.
Assume il nome di Casina delle Civette intorno al 1916, sicuramente per la presenza di numerose vetrate raffiguranti il tanto amato rapace notturno dal principe.
Nel 1917 l’architetto di famiglia Vincenzo Fasolo accorperà alla casina la dipendenza, collegandole con una suggestiva galleria in legno rialzata da terra, nulla ricorda più l’originale rifugio ideato da Jappelli nell’800, rielaborata servendosi dei più noti artisti del tempo.
Numerosi episodi hanno contribuito al degrado della casina, cominciando con l’occupazione delle truppe anglo-americane per oltre tre anni, furti e vandalismi dopo l’apertura del parco e per concludere, l’incendio del 1991. Il restauro durato 5 anni ha fatto miracoli!
Ora non ci resta che attendere la fine dei lavori di restauro del teatro, ansiosi di ammirare l’ultimo edificio non ancora visitabile tra i disseminati nel parco.




Vite consacrate al vetro - gli artigiani di Murano

La lavorazione artistica del vetro in Italia ha radici che risalgono, dai primi documenti, al 982, grazie ai collegamenti marittimi con l’oriente e ai contatti con le popolazioni pioniere (egiziani, fenici, siriani).
Sembrerebbe infatti che il vetro fu scoperto casualmente dai Fenici, osservando l’effetto che elevate temperature producevano sulla sabbia mutandone l’aspetto.
I romani ne assimilarono la cultura e le raffinate tecniche e Aquileia fu il primo centro di sviluppo dell’arte vetraia.
Con la caduta dell’impero romano d’occidente, il principale centro di scambio e produzione del vetro si sposta a Venezia, che la vedrà per sempre protagonista in un binomio inscindibile.

Nel 1291, per i numerosi incendi provocati dalle fornaci ma soprattutto per controllare meglio i segreti di un’attività che l’aveva resa tanto celebre, la Serenissima, decretò che tutti i laboratori di Venezia fossero concentrati esclusivamente a Murano, lungo il Rio dei Vetrai dove si trovano le fornaci più antiche, da qui il destino dei Muranesi è legato al vetro, da cui si sviluppa una produzione di preziose opere ricercate in tutto il mondo per l’ineguagliabile splendore e valore storico-culturale.

I secoli dal 1400 al 1600 rappresentano i più ricchi e determinanti per lo sviluppo dei materiali e perfezionamento di nuove tecnologie.
La soffiatura si libera dagli stampi, dando vita ad opere d’arte, non più oggetti legati alla funzionalità quotidiana.

Nel 1450, grazie all’ingegno di Angelo Barovier, vetraio di una antichissima famiglia muranese con preparazione scientifica, viene introdotto il cristallo, molto più resistente, puro e incolore del vetro e il lattimo, vetro bianco opaco (grazie all’ossido di stagno), ispirato alle ceramiche cinesi tanto in voga al tempo e che per secoli nessuno riuscirà ad imitare. Con molta probabilità è da attribuire a lui anche la scoperta del “calcedonio”, una pasta vitrea imitante una varietà di quarzo naturale.
Il mestiere dei vetrai era regolamentato da un insieme di norme chiamata “Mariegola”: vi erano registrati i nomi di tutti i maestri, i padroni delle fornaci, le regole per l’assunzione e i licenziamenti e tutto ciò che riguardava la vita di chi lavorava il vetro.
"L'arte dei vetrai non deve avere altro recinto ove non poter esercitarsi che la sola isola di Murano, in qui è stata da Venezia già da vari secoli trasportata, e dove, prossima da per tutto a se stessa, e senza dispersioni di maestranze ne di fornaci, può più facilmente essere custodita e osservata."
Le scoperte e le intuizioni dei maestri erano preziosissime e talmente segrete che solo in punto di morte venivano tramandate, tanto che si diffuse un insolito fenomeno di spionaggio industriale che portò lo stato a riconoscere e proteggere le innovazioni introdotte con “brevetti” temporanei, durante questi periodi di tempo, i segreti erano ufficialmente custoditi ma a scadenza tutti gli artigiani iscritti sul “Libro d’Oro” potevano beneficiarne. Il Libro fu creato nel 1602, anche per limitare l’emigrazione dei maestri e l’esportazione di conoscenze così preziose per la crescita economica di Venezia, vi erano censiti gli isolani appartenenti alla "Magnifica Comunità di Murano", da allora noti come la nobiltà vetraria dell’isola, chi non risultava iscritto non poteva svolgere alcun tipo di lavoro in vetreria, non partecipava ai consigli e non usufruiva di tutti i privilegi concessi ai cittadini muranesi.
Gli sforzi furono vani, alcuni riuscirono comunque a trasferirsi e la concorrenza fu inevitabile mettendo in crisi la produzione dell’isola fino al XIX secolo.
Murano si riprese quando il vetro fu utilizzato per la realizzazione di lampadari, tutt'oggi tra i manufatti più noti ma anche grazie all’istituzione del Museo vetrario nel 1861 e alla creazione dell’annessa Scuola di disegno per vetrai ad opera del comune di Murano e dell’Abate Vincenzo Zanetti
In quegli anni la vetraria muranese raggiunse un insuperato livello di perfezione tecnica, base della tecnologia e della produzione contemporanea. Nel XX secolo i maestri muranesi sono stati in grado di seguire gli sviluppi dei movimenti artistici contemporanei, dedicandosi sia ad un artigianato sofisticato sia alle sperimentazioni proprie dell’arte, nel rispetto della millenaria tradizione che rende il vetro di Murano un prodotto unico.

Maestri di un’arte tramandata di padre in figlio, dando origine a vere e proprie dinastie di artigiani vetrai che, dal medioevo sono ancora attive, portano ai massimi livelli le caratteristiche tecniche, la forma e la funzionalità del vetro.

Vincenzo Moretti nel 1871 riuscì a riprodurre, dopo quasi due millenni di oblio, le "murrine" romane Le stesse murrine o millefiori, piccoli gioielli vitrei conosciuti ed amati in tutto il mondo, appartengono ad una antica tradizione medievale di murano, Una specialità recuperata nel XIX secolo con l’Art Noveau, ottenuta fondendo insieme minutissime tessere di vetro, inserite manualmente in appositi stampi di vario diametro, a creare un mosaico di infiniti colori, oppure fondendo spaghetti sottilissimi di vetro dai colori variegati che sapientemente accostati generano un unico cilindro, successivamente tagliato a “fette” che mostrerà il disegno sui due lati paralleli al taglio. La lavorazione è completa dopo la Molatura e Lucidatura.

Il vetro si ricava dalla fusione di una miscela di sabbia silicea, ossidi e carbonati. Se ne trovano di infinite varietà in funzione del tipo di utilizzo.
La silice è il principale componente del vetro, un minerale presente nella maggior parte delle rocce (sabbia) ma se non è ben lavorato potrebbe dare una colorazione indesiderata.
Il vetro di Murano è sodico per tradizione mediterranea, significa che alla silice si aggiunge un fondente, la soda o potassa, che abbassa il punto di fusione da 1700° a 800°. La potassa, usata nei paesi nordici, produce un vetro brillante idoneo alla molatura e all'incisione come il vetro piombico inglese, ma non è adatto alle complesse lavorazioni a caldo tipiche di Murano.
La pasta vetrosa incolore, si colora con l’aggiunta di minerali; tra le colorazioni più “preziose” c’è il rosa e il rosso rubino che si ottengono con l’oro.
Alle due materie prime citate, si aggiungono lo stabilizzante (es. carbonato di calcio), i decoloranti o i coloranti, ed eventualmente gli opacizzanti. Il forno fonde durante la notte e al mattino la pasta vitrea è pronta per essere lavorata, rimanendo malleabile fino a 500°.

Tra le tecniche di tradizione muranesi abbiamo: vetro soffiato, cristalleria, incisione a graffio con punta diamantata o a rotina, decorazione a smalto, lampadari, ricordo il “cesendello” e la “ciocca”, perle vitree, murrine, millefiori, lavorazione a lume, la filigrana a retortoli e reticello del 1527, incalmo, specchio, lavorazione a “ghiaccio”, tessere vitree per mosaico e perfino lenti per occhiali agli inizi del XIV secolo, bicchieri, bottiglie, coppe, tazze e lampade

corso di vetrata a piombo

vetrata a piombo realizzata da una corsista! Laura ha utilizzato vetri cattedrale, opalescenti e colorescenti, la specialità di questa vetrata sta nelle corde della chitarra, ottenute saldando fili d'acciaio al piombo conferendogli un aspetto fortemente realistico. Brava Laura complimenti.

In tanti mi avete spinta a rispondere per chiarire una situazione emersa in un blog concorrente, dove risulta volontariamente alterata la realtà dei fatti. Ho sorriso finora, da spettatrice curiosa, osservando i movimenti di colui che chiamavo “maestro” per riconoscenza, ma che non meritava tanta correttezza. Pensavo che andarmene dal suo laboratorio sarebbe bastato e ignorarlo è stato peggio. Sembra non esserci limite alle insinuazioni riportate sul suo blog, ma cammina su un filo sottilissimo. È curioso vedere come una persona apparentemente equilibrata, si affanni tanto nel tentativo inutile di cancellare le tracce della mia presenza e del mio lavoro all’interno del suo laboratorio dove ho lavorato per diversi anni, in via ufficiale ed ufficiosa e dove ho scoperto, amato e condiviso questo antico mestiere. Dico inutile perché nonostante questa persona parli continuamente di “copia” come un tormentone, è dimostrabile che sono stata e rimango l’autrice ed esecutrice di un sostanzioso numero di opere uscite da quel laboratorio ora tanto ostile e annullante. Fossi un lettore allo scuro di tutta questa storia e leggessi il suo blog, mi chiederei come molti, ma come mai tanto accanimento? Come mai Federica Frassetto è presente in tante foto sul sito di questo laboratorio? Come è possibile che colei che viene tanto accusata di copiare, in realtà ha usato tutt’altre foto? E perché, nel sito del collega, fino a poco tempo fa, compariva accanto ad alcuni lavori, la scritta “realizzate dalla vetratista romana Federica Frassetto” ed ora questa affermazione è “sparita”? È semplice. Come spesso accade, l’invidia e la rabbia scattano quando si riconoscono in un'altra persona qualità che si ritiene di non avere, è un atteggiamento solo mentale. Io sono e non ho bisogno di far credere di essere. Sull’altro blog, si è arrivati al punto che non si tratta più di dimostrare, "far credere" equivale a mentire e giocare sugli equivoci. Lui parla di tutti questi lavori eseguiti dal suo laboratorio ed è vero, ma io aggiungo e chiarisco che, in molti casi, nel suo laboratorio, era Federica Frassetto che lavorava. Ecco il perché di tanto accanimento, comprensibile, visto che sono venuta a contatto con trucchi, segreti e tecniche gelosamente custodite, e testimonio il fatto che i suoi tanto decantati anni di esperienza, in molti casi li hanno maturati sul campo i suoi collaboratori! Al tempo, mentre lavoravo per lui, scattavo anche le foto ai lavori, con la mia macchina fotografica, motivo per cui abbiamo un grosso numero di immagini simili o identiche e in molte non compaio. Non so come possa convivere con la propria coscienza, pensando a tutte quelle persone che sanno come sono andati realmente i fatti impazienti di testimoniare a mio favore. Ribadisco di aver lavorato all’interno di quel laboratorio e di aver progettato e realizzato determinate vetrate, alcune completamente da sola e altre in collaborazione, come menzionato nel mio sito, specificando in che modo di volta in volta. Volevo solo dare una possibilità di chiarimento a quei lettori che casualmente si fossero imbattuti in questi “pettegolezzi”. Posso presentare prove o rifare i lavori in qualunque momento, le minacce legali non mi spaventano assolutamente, perché sono pulita nelle mie affermazioni, mentre dall’altra parte non credo si possa dire lo stesso, tante menzogne pesano e poi si sa hanno le gambe corte! Se le ragioni fossero state dalla sua, non avrebbe avuto questa caduta di stile ma avrebbe già provveduto diversamente senza questi gesti infantili causati da una chiara impotenza legale. Non era mia intenzione far trapelare certe dinamiche ma sono stata costretta dalle circostanze a difendere la mia immagine pubblicamente. Io conosco molto bene il collega citato e posso affermare, non ostante tutto, che è una persona estremamente intelligente , un imprenditore fuori dal comune e, spesso con il supporto di altri, ma giustamente, un abile artigiano, ma non vuole capire che è un mio diritto poter usare le immagini di quei lavori, come ho già spiegato e non ho intenzione di sprecare altro tempo in questa storia dalla quale mi sono separata e che potrebbe nuocere ad entrambe. Grazie a tutti per il tempo dedicato e il sostegno dimostrato.
Federica Frassetto
08 luglio 2009
08 luglio 2009
p.s. Ho notato con piacere che in seguito a quanto sopra riportato, il collega ha provveduto a togliere le frasi diffamatorie a cui mi riferivo deducendo che abbia finalmente o almeno in parte compreso le mie ragioni, lo ringrazio pubblicamente del gesto augurandoci una sana e libera concorrenza in virtù del reciproco rispetto e dell'amore per il nostro lavoro che per molto tempo ci ha uniti. Un augurio speciale alle mie ex colleghe che sicuramente, dopo il mio operato, avranno ora più riconoscimento dei propri diritti lavorativi e morali, buon lavoro ragazze.

La sabbiatura

La sabbiatura
è uno dei metodi classici utilizzati per la decorazione di vetri e specchi, particolarmente adatta in architettura d'interni privati e pubblici. Prende il nome dall'elemento essenziale, la sabbia, che sparata con appositi strumenti ad aria compressa, corrode il vetro creando effetti di luce satinati più o meno evidenti a seconda del risultato desiderato. Dopo aver stabilito il disegno, il vetro viene ricoperto da uno strato di carta gommata che lo proteggere e con un bisturi delineate le parti del disegno da scavare. Possiamo raggiungere leggere opacizzazioni o forti incisioni dando vita a motivi ornamentali di grande effetto






pittura su vetro

Il vetro utilizzato come base è un madras satinato, la pittura è stata eseguita dopo aver mascherato con la carta gommata, inciso con un bisturi e sabbiato le zone da dipingere;

Attrezzazura per vetrate artistiche

Gli attrezzi utilizzati per la realizzazione di vetrate artistiche sono chiaramente di varie marche e modelli da scegliere a piacimento secondo le proprie abitudini.

il primo strumento indispensabile è il TAGLIAVETRO, in passato aveva nella punta una scheggia di diamante ma a seconda dell'artigiano che lo utilizzava, si viziava, rendendo difficile l'utilizzo ad altri, che inevitabilmente avevano impugnatura diversa.
Con i tagliavetro moderni il problema non sussiste perchè il taglio avviene per mezzo di una rotellina che girando incide il vetro, utilizzabile da chiunque! Ricordatevi che la rotella deve essere sempre lubrificata tenendola a bagno nel petrolio.


in ausilio delle mani abiamo le PINZE, sono specifiche per il vetro, con "becchi" più o meno larghi, curvi, gommati, e manici a molla o senza, per aprire il taglio, rifilare e sgranare o pulire i bordi.



dopo aver tagliato tutti i pezzi di vetro che formeranno la vetrata a piombo o Tiffany, avremo bisogno necessariamente del SALDATORE. In genere è corredato di apposito sostegno, con punte per tutti i gusti, a martello, oblique, piegate tutte sostituibili. Si trovano di diversa potenza ma quelli professionali, usati nelle vetrerie artistiche sono da 100w per il Tiffany e 200w per il piombo, in genere hanno il termostato interno altrimenti lo si può aggiungere. Basterà fare una leggerissima pressione, quando vedete l'estremita' impregnata di stagno si può procedere. La punta del saldatore è fondamentale, subisce un trattamento chimico per ridurre l'ossidazione e corrosione a causa degli acidi utilizzati ed è bagnata di rame. Bisogna sempre mantenerla pulita perchè se ossidasse, dalla resistenza, non prenderebbe calore sufficiente ad una buona saldatura. Dobbiamo pulire la punta con una spugnetta umida prima di far raffreddare il saldatore.


per saldare si utilizza una lega stagno-piombo, definita dalla percentuale di STAGNO che determinandone l'argentatura (maggiore è lo stagno meno ossida la lega e più è lucente la saldatura). Lo si trova sotto forma di barrette o in rocchetti.




nella foto a sinistra: l'ALESATORE è un attrezzo in plastica o in legno, utilizzato per regolare l'apertura delle ali dei profili di piombo e per abbassarle dopo la stuccatura, omodo quando le ali sono molto chiuse; l'altro è sempre in plastica, con una griglia metallica, simile ad una grattuggia, serve per mangiare il piombo perimetrale, qualora la vetrata non entrasse perfettamente nello spazio stabilito.


il COLTELLO serve a tagliare il piombo durante la fase di montaggio, di vari modelli scegliete liberamente, un consiglio è di controllare il manico, questi riportati nella foto accanto sono in metallo e legno, consentono di battere i chiodi e di fare a meno del martello!

anche il PIOMBO offre un'ampia scelta, può cambiare in spessore a seconda dell'altezza dei vetri da inserire, in forma e dimensione dipendentemente dal disegno, dalla tenuta strutturale della vetrata o essere in sezione a forma di H o di U (solo nel caso del perimetro), tondo, piatto, con le alette, rinforzato. Arriva ad una larghezza massima, utilizzata in rarissimi casi, di 2 cm.

prossimi argomenti: vetro, mola.....

lavorazione a piombo

La tecnica di rilegatura dei vetri per eccellenza è sicuramente quella a piombo che, come per la grisaglia, la procedura è rimasta nei secoli invariata. Le vetrate rilegate a piombo, contrariamente al pensiero comune, sono più sicure delle normali soluzioni che ognuno di noi ha in casa su porte e finestre a lastra unica con spessore 3 mm. Proprio grazie alla trama del piombo i vetri, anche rotti, rimangono incastonati con rischio minimo di caduta, chiaramente più pezzi formano la vetrata,  più questa flette all'urto e più i pezzi rimangono incastonati anche se rotti. Per inserire una vetrata rilegata a piombo occorre uno spazio nel telaio di 8 mm e anche in caso di rottura, spanciamento o usura, con un restauro tornerà nuova!


Dopo aver scielto il bozzetto a colori, si riprodurrà, in bianco e nero, il disegno a dimensione reale della vetrata e dal quale prenderemo i modelli dei vetri da tagliare. Con un pennarello a punta larga, segneremo le linee dei piombi, che faranno da guida per il taglio.

Il vetro si taglia tramite un'incisione che guiderà la rottura nei punti da noi stabiliti.

Per aprire i pezzi bisognerà fare pressione con le dita sul vetro o battere sulla faccia opposta all'incisione in corrispondenza del taglio. Le eventuali imperfezioni e rifilature si possono correggere con una pinza da vetraio
Una volta tagliati tutti i pezzi si procede all' impiombatura, ogni vetro verrà incastonato in trafile di piombo che piegandole doppieranno la forma di ciascun pezzo. Esistono piombi di varie misure, in sezione a forma di C o di H, il primo caso viene utilizzato esclusivamente per i bordi.
Dopo aver fissato il cartone sul tavolo e fissato con delle bacchette di legno due lati a formare un angolo retto e delimitare il bordo della futura vetrata, si comincia dall'angolo chiuso dalle bacchete introducendo un pezzo alla volta nella scanalatura del piombo, bloccando con i chiodi gli altri pezzi, poi si taglia il piombo dove finisce il vetro, si ribattono le alette nelle intersezioni e si procede nello stesso modo fino alla fine del pannello.
Nel momento in cui tutti i pezzi sono stati assemblati si procede con la saldatura a stagno nei punti di congiunzione del piombo, permettendo di poter muovere la vetrata senza che i pezzi di vetro escano dal loro spazio, quindi si gira e si ripete la stessa procedura sull'altro lato.
A questo punto si procede con la stuccatura che serve a dare solidità alla vetrata, a chiudere ogni passaggio di luce e ad isolare i due lati della stessa.
Lo stucco è composto da gesso, olio di lino e
ossido nero che consente di ottenere una
colorazione simile al piombo.
L'impasto deve avere una consistenza simile al pongo e deve essere inserito dentro le alette di piombo. La quantità in eccesso che non è riuscita a penetrare tra il piombo ed il vetro, potrà essere tolta con delle bacchette di legno e segatura.
In fine si scurisce, con una spazzola a setole morbide, per dare un colore omogeneo a piombo e saldature di stagno e la vetrata è pronta per essere montata.

pittura a grisaglia

La tecnica della pittura a grisaglia è tra le più affascinanti, antiche e misteriose che conosco.
La grisaglia si trova in polvere e viene trattata con leganti acquosi e oleosi, colorata a seconda degli ossidi che la compongono, viene utilizzata nelle vetrate piombate fin dal medioevo per gestire il passaggio di luce che attraversa il vetro ottenendo eccezionali chiaroscuri. La componente bassofondente (polvere di vetro) permette alla grisaglia di fondersi perfettamente con il pezzo dipinto ma solo dopo la cottura in appositi forni.
Le procedure odierne sono rimaste invariate e a portare avanti nei secoli la tradizione sono i pochi artigiani rimasti che custodiscono gelosamente i segreti di questa tecnica complessa e affascinante.